by Diego Barucco

  Planetarie giganti: WDHS 1
Ottobre 2011
 

Scoperta nel 1983 sulle lastre fotografiche della Palomar Sky Survey, la WDHS 1, catalogata anche come WeDe 1, è una delle più antiche e grandi nebulose planetarie conosciute, avendo come estensione reale un valore di 6,4 pc (Weinberger et al., 1983).
La sua posizione è a 3° 30' nord da Betelgeuse e 1° 10' da Mu Orionis, quindi si proietta sullo sfondo del ricco campo stellare della Via Lattea invernale.
La WDHS 1 è una planetaria sorprendentemente grande, che solo grazie alla notevole distanza riusciamo ad osservarla con una luminosità superficiale tale da distinguerla dal fondo cielo, al contrario se si fosse trovata, ad esempio, nella posizione della Sh 2-216, la più vicina planetaria al nostro sistema solare, non saremmo stati in grado di individuarla. Grazie a questo vantaggio, anche con una strumentazione amatoriale adeguata è possibile immortalare i suoi 22’ d’arco di estensione.


Figura 1. Ecco l'immagine pubblicata da Liebert et al. (1994) nella quale era evidente la barra centrale che condusse all'ipotesi di bipolarità della struttura.


Figura 2. Interpretazione dell'immagine precedente in cui è stata segnata in blu il profilo ellittico della planetaria, in giallo il presunto toroide e in rosso delle propaggini esterne.

La forma con cui questa interessante planetaria appare in Hα, è ellittica con delle deformazioni dovute all'interazione con il mezzo interstellare (ISM), ma gli autori Liebert et al. (1994) grazie ad una profonda immagine ottenuta tramite un ampio sensore CCD, ne ipotizzarono una possibile struttura bipolare con una barra centrale che sembrava richiamare le vestigia di un toroide di taglio all'interno di uno shell ellittico. Tuttavia nella rivisitazione di antiche planetarie condotta da Tweedy & Kwitter (1996), fu proposta un'immagine profonda in [N II] che rimise in discussione l'ipotesi di bipolarità, in quanto la barra centrale, molto chiara in Hα, scompare in [N II], dove invece appare un secondo arco a sud che completa la planetaria, dandole una morfologia anulare con delle strutture esterne lungo l'asse maggiore N-S. Da questo quadro sembrerebbe che la nebulosa sia in realtà un ellissoide, composto da due shell concentrici, il primo più esterno è evidente lungo l'asse della planetaria e si mostra con delle propaggini esterne più irregolari, il secondo più interno è quello più luminoso ed omogeneo in [N II], mentre in Hα è visibile una distribuzione molto più irregolare. Sempre in [N II] si osservano esternamente in direzione E-W delle propaggini secondarie molto più deboli, dove quella posta ad W sembra essere molto più luminosa in Hα, oltre a mostrare una maggiore estensione.


Figura 3. Immagine di confronto tra la riprese in Ha e in [NII] (Tweedy & Kwitter, 1996).


Figura 4. Ricostruzione proposta con l'aggiunta delle informazioni derivate dalla ripresa in banda [NII]. In blu lo shell ellittico principale, in rosso lo shell esterno e in marrone delle propagini esterne laterali.

Sulla base dei rapporti osservati fra l'immagine in Hα e quella in [N II] si deduce un'avanzata interazione con l'ISM; premettiamo che le analisi di Tweedy et al. (1995) sulla Sh 2-216, dimostrarono che al di fuori della zona di Strömgren il flusso di ricombinazione di [N II] è più intenso rispetto al flusso di Hα, tuttavia laddove si manifesta un'interazione avanzata con l'ISM, l'Hα ritorna ad essere più intenso. Considerando che con un diametro di oltre 6,4 pc, la WDHS 1 ha quasi tutta la struttura nebulare nettamente al di fuori della zona di Strömgren della stella centrale, le differenze locali riscontrate tra Hα e [NII] sono dovuta ad una ionizzazione termica secondaria per effetto del contatto fra il gas nebulare e l’ISM. In dettaglio valutiamo come l’interazione riguardi tutta la porzione N, a discapito di quella S, dove il flusso Hα è pressoché assente, mentre la barra visibile solo in Hα non è nient'altro che una struttura di questa interazione, posta in direzione della nostra visuale che si sovrappone alla planetaria.


Figura 5. Interpretazione delle zone sotto influenza dell'interazione con l'ISM. In rosso le aree a prevalenza di emissione Ha, in giallo le aree a prevalenza di emissione [NII].

Probabilmente anche l'ampia porzione brillante situata ad W, più visibile in Hα che in [N II], potrebbe rappresentare un punto di notevole interazione con l'ISM proiettato in parte verso la nostra direzione visuale. Purtroppo al momento non si hanno a disposizione ulteriori studi centrati su questo particolare problema, ne esiste una gamma di immagini multibanda di buona qualità che mostrino ad un livello superiore di risoluzione l'intera struttura.
Molto interessanti sono le proprietà fisiche della stella centrale, di cui lo studio è molto importante vista l'età avanzata della nebulosa che la circonda, questa è stata soggetto nell’approfondito lavoro di Liebert et al. (1994), i quali hanno riscontrato dalle analisi dello spettro ad alta risoluzione, un'atmosfera molto ricca di idrogeno tanto da inserirla nella classe spettrale DA. Ciò nondimeno la temperatura misurata di 165.000 K, un valore elevatissimo per una DA, ha indotto a cambiare la classe e a considerarla più vicina alle nane bianche ricche di elio, le cui temperature possono raggiungere valori molto più alti rispetto alle comuni DA.
Il calcolo della temperatura è stato effettuato anche confrontando i profili delle righe di assorbimento della serie di Balmer e il modello della riga λ4686 dell'He II. L’utilizzo del solo modello teorico dell’He II è perché sulla fotosfera non è stato riscontrato l’elio, per cui vista la possibile classificazione nel campo delle nane con presenza di elio, il riscontro avrebbe potuto fornire un dato più verosimile. Con questo sistema è stata calcolata una temperatura di 100.000 K; tuttavia l’utilizzo della riga λ4686 dell'He II prevede che questa sia molto più marcata nello spettro, imponendo una presenza più massiccia dell’elio fotosferico. Gli autori hanno ipotizzato, infine, che ad una così elevata temperatura l'idrogeno sia quasi del tutto ionizzato, mentre l'elio può essere presente, contribuendo parzialmente all'opacità del continuum senza produrre righe facilmente individuabili. Sulla base di questa ipotesi la stella centrale è stata inserita all'interno della classe spettrale ibrida DAO.


Figura 6. Grafici che mostrano il confronto dei modelli teorici dei profili delle righe di assorbimento della serie di Balmer e dell'He II, notare come secondo gli autori la nana bianca è rapportabile al modello di temperatura di Teff = 165000K (Liebert et al., 1994).

In un recente studio di Napiwotzki (1999), nel quale vengono studiate un cospicuo gruppo di nane bianche all’interno di planetarie o isolate, il valore di alta temperatura della stella centrale WHDS 1 è rivalutato in seguito alla scoperta di un secondo caso peculiare ed estremamente simile: la stella centrale di un'altra antica planetaria, la EGB 1, mostra, infatti, di essere molto ricca in idrogeno con elevate temperature fotosferiche e con assenza di He II in assorbimento. Il ricalcolo della temperatura della WDHS 1 ha fornito come risultato 141.000 ± 19.000 K, mentre per la EGB 1 147.000 ± 25.000 K, in entrambi i casi non si rivela nessun assorbimento della riga dell'elio λ4686 come già detto in precedenza, per cui queste sono collocate nel gruppo DAO nonostante l’assenza di elio fotosferico.
Fra le due nane bianche esiste anche una notevole somiglianza nel valore della gravità superficiale e quindi della massa, in entrambi casi è stata riscontrata una massa di massa di 0,68 Mo per la WDHS 1 e 0,65 Mo per la EGB 1.

L'approccio amatoriale

Con tutta probabilità la WDHS 1 è una planetaria fotografabile senza grandi difficoltà in Hα e con medio-alte esposizioni, purché dotati di sensori particolarmente sensibili in grado di sfruttare in pieno la resa di eventuali filtri a banda molto stretta. Viste le conseguenze di una prolungata interazione con l'ISM e i rapporti individuati fra l'emissione di Hα e di [N II], l'interpretazione per eventuali lavori di riprese deve tener conto l'eventualità di lavorare con due filtri Hα sia in banda larga sia in banda stretta; in questi casi dovremmo certamente riuscire ad evidenziare la parte N costituita dal grande arco interno e dall'ampio porzione brillante posta ad W. La luminosità resta comunque molto bassa per cui bisogna lavorare con l'obiettivo di ottenere riprese più profonde possibili in modo da poter chiarire l'ipotesi morfologica avanzata nel paragrafo precedente ed eventualmente mostrare con maggior chiarezza i rapporti fra le strutture in Hα e in [N II].
I 22' di estensione allontanano la possibilità di utili riprese con il sistema di accoppiamento fra CCD e obiettivo fotografico a vantaggio dei telescopi con corte focali per riprese ad ampio campo. Come metro di paragone possiamo utilizzare il fatto che la più famosa planetaria di grandi dimensioni, la Helix Nebula (NGC 7293), ha un'estensione di 18'x18' quindi leggermente più piccola, ciò consegue che la WDHS 1 potrebbe essere alla portata di telescopi di 1000 mm di focale e CCD con sensori di medie dimensioni, come il KAF1603 o il KAF3200.


Figura 7. Mappa che illustra la posizione della WDHS 1 nel cielo.

Inutile dire che se si ha a disposizione cieli molto bui e un’ottima trasparenza sarebbe di grande utilità tentare riprese in RGB con la creazione di una luminanza che integri sia il contributo Hα che [NII], in questo caso si consiglia un filtro con maggiore banda passante in modo da non limitare troppo l'informazione.
Purtroppo non conosciamo l'intensità del flusso di [OIII] il quale, se presente, dovrebbe addensarsi attorno alla stella centrale. Anche qui avvantaggerebbe l’uso di un filtro [OIII] a banda molto stretta, tra i 5 e i 3nm per aumentare il contrasto rispetto al fondo cielo vista l’estrema debolezza che potrebbe essere riscontrata in sede di ripresa; naturalmente non è garantita la possibilità di riprendere l’emissione di [OIII] ma un tentativo è senz’altro auspicabile.
Vediamo gli unici due esempi reperibili di riprese amatoriali.
La prima immagine è senza dubbio la più interessante in quanto è stata ottenuta con una strumentazione di alto livello. Il telescopio utilizzato è un Hypergraph f/3 da 60cm di diametro del Capella-Observatory (http://www.capella-observatory.com/), accoppiato ad una camera ST10XME impostata a binning 2X2, gli autori sono Ernst von Voigt e Dietmar Böcker. Grazie alla grande racconta luce dello strumento e alla sensibilità della camera, sono stati sufficienti solo pose da 300 secondi per un totale di 120 minuti di integrazione in Hα.


Figura 8. Immagine mappa di dettaglio che illustra la posizione della WDHS 1.


Figura 9. Immagine di Ernst von Voigt e Dietmar Böcker dal Capella-Observatory (http://www.capella-observatory.com/)

Si tratta della migliore immagine fin’ora ottenuta anche tra quelle professionali che mostra chiaramente come la WDHS1 non è una nebulosa planetaria bipolare, bensì una nebulosa ellittica, molto vecchia ed interessata da un’attiva interazione con l’ISM. Un campo di ripresa maggiore e pose decisamente più lunghe avrebbero messo in luce anche le altre caratteristiche riscontrate, chiarendo sicuramente i molti dubbi sulla struttura, così come l’uso di filtro [NII] avrebbe aiutato a comprendere meglio i rapporti fra le due bande principali di emissione.
Le seconda immagine è una ripresa a larghissimo campo ottenuta accoppiando la camera ad un obiettivo fotografico di 300mm f/2.8 e un filtro Halpha, con un integrazione di 4 pose da 15 minuti l’una, per un totale di 1 ora. L’autore è Rick Schrantz.


Figura 10. Immagine ripresa da Rick Schrantz con un teleobiettivo di 300mm f/2.8.

Come si vede, nonostante la profonda differenza in termini di risoluzione con l’immagine precedente, l’autore è riuscito pienamente a cogliere sia la struttura ellittica, che la propaggine esterna a N, che termina con un profilo a punta. A lato si vede l’ammasso aperto NGC 2141.
Le immagini amatoriali appena descritte dimostrano chiaramente come la WDHS1 sia una planetaria abbordabile anche con una strumentazione amatoriale.

WDHS 1 - dati

Coordinate J2000 – RA: 05h 59m 24,8s Dec: +10° 41' 40,6"
Dimensione angolare: 22' x 17'
Distanza: 870-1100 pc
Dimensioni fisiche: 6,4 pc
Età stimata: 170.000 anni
Costellazione: Orione



Scarica il PDF (2,42 Mb)

Bibliografia

Spectroscopic investigation of old planetaries. IV. Model atmosphere analysis - Napiwotzki, R. - Astronomy and Astrophysics, v.350, p.101-119 (1999).

An Atlas of Ancient Planetary Nebulae and Their Interaction with the Interstellar Medium - Tweedy, Richard W.; Kwitter, Karen B. - Astrophysical Journal Supplement v.107, p.255 (1996).

The Closest Planetary Nebula, SH 2-216, and Its Interaction with the Interstellar Medium - Tweedy, R. W.; Martos, M. A.; Noriega-Crespo, A. - Astrophysical Journal v.447, p.257 (1995).

A very hot, hydrogen-rich, white dwarf planetary nucleus - Liebert, James; Bergeron, P.; Tweedy, R. W. - Astrophysical Journal, Part 1 (ISSN 0004-637X), vol. 424, no. 2, p. 817-822 (1994).

A newly discovered nearby planetary nebula of old age - Weinberger, R.; Dengel, J.; Hartl, H.; Sabbadin, F. - Astrophysical Journal, Part 1, vol. 265, Feb. 1, 1983, p. 249-257. Research supported by the Fonds zur Foerderung der wissenschaftlichen Forschung (1983).


Ultimo aggiornamento: Giovedì, Ottobre 13, 2011 10:26 AM

 

Google